Le foreste del crinale appenninico tosco-emiliano sono state cantate da diversi scrittori e poeti e visitatori.
Dante ricorda nell’XI canto del Paradiso le stimmate avute da San Francesco alla Verna “ Nel crudo sasso intra Tevere ed Arno/ da Cristo prese l’ultimo sigillo,/ che le sue membra due anni portano”, mentre nel V canto del Purgatorio ricorda l’eremo di Camaldoli: “ A piè del casentino/traversa un’acqua c’ha nome l’Archiano/ che sovra l’Ermo nasce in Appennino”.
Persino Ludovico Ariosto cita Camaldoli in una similitudine del II canto dell’Orlando Furioso: “Come Appennin scopre il mar Schiavo e il Tosco di giogo onde a Camaldoli di viene”.

L’autore sconosciuto dei Fioretti di San Francesco fa invece dire queste parole al conte Orlando da Chiusi che diede il monte su cui sorge La Verna a San Francesco: “io ho in Toscana un monte devotissimo, il quale si chiama il monte della Vernia, il quale è molto solitario e selvatico ed è troppo bene atto a chi volesse fare penitenza in luogo rimosso dalla gente, o a chi desiderava vita solitaria”.
Nel 1791 Camaldoli fu percorso anche da sir Richard Colt Hoare (1738-1838) che ha lasciato questa testimonianza nel suo libro A Classic Tour through Italy and Sicily: “allo spuntar del sole lasciai il romantico convento di Camaldoli e, dopo essere passato di nuovo dal Sacro Eremo, continuai la salita sopra di esso, sinché giunsi in vetta ai monti: qui la vegetazione assume una natura diversa; scompaiono gli abeti e succedono i faggi e ancor più in alto cresce l’acero montano.
Proseguii la camminata sul crinale del monte, o giogo, per cinque miglia attraverso boschi e prati sinché giunsi a uno dei più belli, Poggio della Scala. Da qui la veduta è stupefacente, per quanto consente di spaziare; non me la sentirei di definire soltanto belle certe viste da torreggianti pinnacoli…
Nel 1903 Ferdinand de Navenne, diplomatico francese e scrittore, cosi rappresentava La Verna nel suo libro Entre le Tibre et l’Arno: La Verna è ammantata da una fitta foresta, in cui prevalgono abeti e faggi. La vegetazione lascia stupiti, tanto più che ai piedi del monte verso est, si estende ininterrotta una zona desolata, rocciosa e profondamente solcata, dove neanche l’erba riesce a affondare le proprie radici. La Penna, la vetta più elevata, fa mostra da sola al di sopra degli alberi, della propria cima spoglia, con uno strapiombo sul vuoto di trecento metri".