Le vicende storiche della Toscana, dagli etruschi al Regno d'Italia

Dagli etruschi ai romani
La prima identità territoriale della Toscana si riallaccia alla dominazione degli etruschi, il più progredito e potente popolo italico del I millennio a.C.
Dagli etruschi prese il nome la regione sia il termine Etruria che quello seguente di Tuscia.
Il territorio corrispettivo all’odierna Toscana fu per gli etruschi l’ultima baluardo entro la quale si difesero, ritirandosi dall’Italia e dal Mediterraneo sotto la spinta dei cartaginesi e dei greci, che arrivavano dal mare, e dei romani e dei galli, che arrivavano da terra.
Con la conquista romana, terminata tra il IV e il III secolo a.C., la Toscana tornò a inserirsi in un sistema di rapporti che trascendeva l’ambito regionale e al quale i nuovi assi viari diedero le nervature essenziali: riconfigurato dalle grandi arterie stradali (la Cassia, la Clodia , l’Aurelia e la Flaminia), l’assetto territoriale vide diversi centri etruschi cadere di prestigio e nel contempo l’affermarsi di nuovi centri, come Pisa, Pistoia, Lucca.
Alla fine dell’età repubblicana la regione passò un periodo di crisi, che viene addossata a molteplici fattori, come l’imperversare delle guerre civili, il diffondersi della malaria, l’affermarsi del latifondo e la riduzione del mercato del grano, causata dalla concorrenza dei cereali provenienti dall’Oriente.
Con il rassetto amministrativo operato da Augusto, la Toscana rinvigorì la sua identità storico - geografica, diventando la Regio VII dell’impero: tale rimase fino ai tempi di Diocleziano, che la unì all’Umbria e stabilì nella città di Florentia la sede del governo.
Durante la dominazione dei longobardi (568-774), che costruirono della Toscana un ducato e la considerarono un nodo strategico per il passaggio dal regno di Pavia ai ducati di Spoleto e di Benevento, si ingrandì in particolar modo la zona percorsa dalla strada interna che dall’Appennino emiliano correva giù verso Lucca per il passo della Cisa (il monte Bardone, dalla chiara etimologia longobarda) e poi seguiva il corso dell’Arno e dell’Elsa per arrivare a Siena.
Con la discesa in Italia dei franchi la strada sarebbe divenuta un tratto della via Francigena, elemento essenziale per l’amministrazione dell’impero e asse di transito dei pellegrini diretti a Roma.

Dal Medioevo allo stato mediceo
La ripresa economica dopo l’anno Mille fu basata sull’eccezionale sviluppo mercantile e manifatturiero, che ebbe i suoi centri trainanti in alcune città come Siena, Pisa, Firenze, Lucca, Arezzo, Pistoia, che sarebbero diventate nel Trecento le avanguardie del capitalismo finanziario e mercantile in Europa.
L’economia cittadina divenne importante anche a livello europeo, e a essa si legò il successo dell’autonomia comunale, vissuta dalle élites urbane in opposizione con il mondo rurale, ancora retto dal feudalesimo e dalle strutture politiche dell’impero.
L’espansione fu bloccata dalla peste nera del 1348, i cui effetti distruttivi non solo cambiarono gli equilibri produttivi e demografici, ma condizionarono anche gli orientamenti politici.
Iniziò allora un lungo periodo di lotte tra piccoli potentati, mossi dalle aspirazioni egemoniche di singole famiglie e di uniche città. Alla fine si impose Firenze, che nel giro di un secolo riuscì ad conquistare Pistoia, Arezzo, Pisa, e nelle cui mura si rinsaldò il potere politico e economico dei Medici.
La transizione dallo stato comunale cittadino alla Signoria su base regionale avvenne tra acute contrapposizioni interne, evidenziate dai regimi repubblicani che furono fissati per due volte, dal 1494 al 1512, al tempo di Savonarola, e dal 1527 al 1539, e tra le ingerenze esterne della Chiesa, dell’imperatore e della Francia.
Con la stabilizzazione dei Medici, traguardo conseguito sotto Cosimo (1537-1574), il loro dominio assunse una dimensione completa includendo il territorio della Repubblica di Siena (1557), ma accogliendo l’autonomia di Lucca.
I Medici, che ebbero il titolo di granduchi nel 1570, difesero, pur nel clima forte della Controriforma, quel segno cosmopolita, culturalmente libera.
Lo stato toscano legò le sue sorti a quelle della famiglia, ne visse le fasi di declino così come quelle di splendore, e ne accompagnò le connessioni internazionali segnate tanto dai legami con Roma, rimasti sempre molto stretti, quanto da quelli con l’impero, entro i cui precari confini la Toscana era inclusa.

Dai Lorena all’Italia
Al momento dell’estinzione dei Medici (1737) la Toscana avvertì la sua fragilità istituzionale: irrealizzabili furono in quella circostanza le intenzioni di restaurare la repubblica come risposta all’ingerenza delle potenze straniere.
Per un gioco di contrappesi continentali, la Toscana fu assegnata alla dinastia dei Lorena così ricompensati della perdita del loro antico patrimonio: fu l’introduzione per l’inserimento della regione nell’orbita imperiale, stabilito dal matrimonio tra il lorenese Francesco Stefano e l’imperatrice austriaca Maria Teresa.
La Toscana riprese il proprio processo di crescita in virtù di un robusto riformismo, che toccò l’apice sotto Pietro Leopoldo, granduca dal 1765 al 1790, uno dei più dinamici e lucidi sovrani dell’Europa nell’età dei Lumi.
Le riforme economiche, avviate nel segno dei principi liberistici, tanto quanto le riforme istituzionali, tra cui il rilevante promulgazione del Codice leopoldino del 1786.
Per sei anni, dal 1801 al 1807, Napoleone accettò l’esistenza di quell’unità politica regionale, costituendola in Regno d’Etruria, prima di aggiungere all’impero francese. Con la Restaurazione tornarono al potere i Lorena, il cui tratto di tollerante benevolenza consentì alla cultura liberale e patriottica di trovare un luogo dove pronunciare in forme di libertà altrove represse; la Toscana divenne la culla della cultura neoguelfa, ma dopo le rivoluzioni del 1848 dominarono le correnti laiche, di matrice democratica, sia moderata e filomonarchica.
Nel 1859, nel vivo della seconda guerra d’indipendenza, venne allontanato l’ultimo dei Lorena, prefazione per il voto plebiscitario di annessione al Piemonte (1860). Del nuovo Regno d’Italia la Toscana fu parte importante, principalmente per la collaborazione della cultura politica del moderatismo, che ebbe in Bettino Ricasoli il suo importate esponente.
Dal processo postunitario di industrializzazione la Toscana trasse spunto per rafforzare nuclei isolati di industrie più che per creare un tessuto diffuso di fabbriche, così che l’economia conservò un carattere in prevalenza agricolo.
Terra in cui era diffuso l’associazionismo contadino, condizionato dalla cultura cattolica e dalle idee socialiste, nell’inquieto clima del primo dopoguerra, la Toscana fu anche uno dei punti di forza della reazione del partito degli agrari, che appoggiarono il movimento fascista dandogli un tono rivoluzionario.

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