Le feste, i musei e gli eventi in Toscana

Il palio di Siena celeberrima festa senese, esisteva già molto prima del 1310, anno in cui si istituì ufficialmente che il Palio si dovesse correre il 16 Agosto in onore della Madonna Assunta in Cielo.
Ma già dalla vittoria di Montaperti del 1260 la gara aveva preso un significato anche politico e l'offerta di ceri simboleggiava, oltre ad un ringraziamento alla Madonna, la riaffermazione dell'autonomia del Comune.
Nel 1656 venne inserito ufficialmente il secondo Palio, detto delle contrade, che si doveva correre il 2 Luglio in onore della Madonna di Provenzano. Caduta la Repubblica e finita indipendenza senese, le contrade decisero di rappresentare nella gara le compagnie militari che si erano sciolte.

La gara viene disputata da dieci contrade si Siena scelte in un sorteggio che avviene nel Palazzo Pubblico e il risultato dell’estrazione viene reso noto esponendo le bandiere delle squadre prescelte.
La corsa è venuta prima dal corteo storico in costume, che ricorda le antiche cerimonie medioevali in cui ogni contrada "compare " con un tamburino, due alfieri con le bandiere, il duce, e due uomini d'arme.
Vi è poi il paggio che porta l'emblema della contrada ed ai suoi lati due paggi hanno i vessilli delle compagnie militari.

 Per ultimi ecco i protagonisti principali: il fantino che monta un cavallo di parata preceduto dal cavallo scelto per la corsa, detto "barbero".
I fantini, perlopiù non sono senesi, ma butteri maremmani e delle campagne laziali o sardi e siciliani. Le "comparse" di ogni contrada escono dal proprio rione, dirigendosi verso il Duomo presso il quale si riunisce tutto il corteo storico che poi proseguirà fino a raggiungere il Campo. Durante il cammino le comparse si fermano in punti prestabiliti dove gli alfieri si sfoggiano con le bandiere. La bandiera era un tempo il punto di riferimento di ogni soldato e la sua perdita avrebbe significato la sconfitta.

Il Corteo storico è chiuso dal "Carroccio", ispirato al carro nel quale, nel medioevo, i Comuni trasportavano la bandiera e l'altare per riunirsi in preghiera prima dello scontro. In bella mostra sul carro è il "Pallium", il drappo di seta premio per il vincitore, creato ogni anno da noti artisti esponenti della pittura contemporanea nazionale. Dietro di esso sventola il gonfalone bianco e nero della città, e sotto di esso si trovano sei trombettieri del Comune, i quattro rappresentanti degli antichi organi di magistratura.

Il carro è scortato da cavalieri delle contrade che non concorrono o che non esistono più. Dopo la sfilata del corteo inizia la corsa unica nel suo genere, pericolosa, sanguigna, aspra, si svolge in tre giri di campo in cui può succedere di tutto. I fantini, che cavalcano a pelo, spesso vengono sbalzati a terra, e tra le grida della folla si ostacolano, si controllano, si spintonano. Lo scoppio di un mortaret-to segna il traguardo e dà inizio all'invasione del campo di chi si precipita ad esultare il vincitore.

I festeggiamenti prevedono immediatamente un “Te Deum” di ringraziamento, mentre a Settembre si svolgerà la grandiosa Cena della Vittoria. Viene imbandita ed illuminata a festa una tavolata a cui siederà tutta la contrada. A capotavola siede il fantino, ma è capitato tuttavia che fosse il cavallo, che aveva tagliato vittorioso il traguardo dopo aver deposto il cavaliere, a sedere al posto d'onore.

Un'altra festa che avviene in Toscana è il carnevale di Viareggio,nel febbraio del 1873, ai tavoli del caffè del Casinò, tra i giovani bene della Viareggio d'allora nacque l'idea di una sfilata di carrozze per festeggiare il carnevale, all'aperto, in piazza, fra la gente.
Martedì grasso del febbraio 1873 - è nato il Carnevale di Viareggio così come oggi è conosciuto: evento spettacolare tra i più grandiosi e belli del mondo.

Sul finire del secolo, compar-vero, in mezzo alla festa di popolo che fu subito grande, i carri trionfali, veri e propri monumenti, costruiti in legno, juta e scagliola, modellati da scultori e messi insieme da carpentieri e fabbri che, in Darsena, sugli scali dei cantieri navali, conoscevano come creare imbarca-zioni riservate a sfidare con successo le acque insidiose e i venti degli oceani; da allora i carri così costruiti di anno in anno, hanno navigato in un mare di gente divertita.

La prima guerra mondiale sembrò distruggere, insieme alla belle époque in Europa, anche il Carnevale a Viareggio, che invece riapparve, più grandioso, nel 1921, quando i carri mascherati sfilarono sui due stupendi viali, paralleli fra loro e alla spiaggia; i viali a mare, con le quinte delle Alpi Apuane, il palcoscenico naturale e imponente, di incomparabile bellezza, ove si vantavano, ogni anno più ricche di vivacità e animazione, le costruzioni carnevalesche.

Nel 1921 si cantò la prima canzone ufficiale, la ''Coppa di Champagne", attuale inno del carnevale.
Due anni dopo il "Pierrot", romantica figura del carnevale, fu la prima maschera a muovere la testa e gli occhi.
Nel 1925, per iniziativa di alcuni fabbricanti, fu inserita la cartapesta, per realizzare i carri, che da allora ha concesso costruzioni colossali ma leggerissime.
Con tale innovazione si può dire che la storia del Carnevale di Viareggio diviene leggenda, grazie ai costruttori che, per le loro capacità creative, furono chiamati, dalla stampa nazionale ed internazionale, “maghi della cartapesta”.

Dopo la seconda guerra mondiale, il Carnevale rinasce nel 1946 e, da allora, Re Carnevale ha rinvigorito il suo scettro, passando indenne - giugno del 1960 - attraverso uno spaventoso rogo dei magazzini dove si costruivano i carri.
Fin dall'inizio (1954) la Tv nazionale prima, e l'Eurovisione (1958) poi, hanno benedetto la grande manifestazione trasportando ovunque, via televisione Viareggio e il Carnevale.

Da sempre, ogni anno, una lunga schiera di ospiti illustri, di politici, di personaggi dello sport e dello spettacolo, è venuta a Viareggio per ammirare la propria rappresentazione in cartapesta, così come ad ogni corso mascherato di ogni edizione del Carnevale, centinaia di migliaia di persone hanno deliberato il successo di questa grande manifestazione.
Il Carnevale di Viareggio, Carnevale d’Italia e d’Europa, ogni anno, celebra lo splendore di un mese intero di feste notturne e diurne, con sfilate di carri, feste rionali, veglioni in maschera e rassegne di ogni genere.

Il Gioco del Ponte di Pisa è una manifestazione storico rievocativa che si articola in due momenti distinti:
il Corteo Storico sui Lungarni, una sorta di parata militare assai grandioso e la battaglia, ambientata sul Ponte di Mezzo, ove le squadre dei quartieri appartenenti alle due fazioni  della città di Pisa rivali danno prova della rispettiva potenza fisica, in un’atmosfera agonisticamente coinvolgente.

Si ritiene che abbia avuto origine dalla trasformazione locale del Gioco del Mazzascudo, che, dall’undicesimo al tredicesimo secolo veniva giocato come una battaglia simulata nell’antica Piazza degli Anziani, oggi dei Cavalieri.
Il Mazzascudo si realizzava tra singoli giocatori, equipaggiati con corazze, mazze e scudi. Nel giorno finale gli scontri singoli lasciavano posto ad una battaglia generale con i combattenti suddivisi in due schiere “della Gazza” e “del Gallo “.

La prima edizione del Gioco del Ponte conosciuta e certa porta la data del 22 febbraio 1568. Il Ponte, sede della Battaglia, era il Ponte Vecchio, correlato all’attuale Ponte di Mezzo, e scopo dello scontro era la conquista di una parte o di tutta la metà occupata dalla fazione avversaria.

I giocatori di Mezzogiorno e Tramontana, erano divisi in squadre, di numero variabile, composte ciascuna da 50 o 60 soldati. Ogni squadra si differenziava per propri colori ed insegne.
I protagonisti della lotta, basata sullo scontro fisico diretto, erano provvisti di armatura, elmetto detto “morione” e "targone", una sorta di scudo in legno di tiglio o di pioppo – lungo oltre un metro e pesante oltre due chili e mezzo – oblungo ed asimmetrico, con le estremità arrotondate, adoperato alquanto impropriamente anche come arma d’offesa.

La violenza della lotta ha formato una caratteristica costante di questi scontri. Il desiderio di autonomia dalla dominazione fiorentina, e l’esasperarsi dell’agonismo sul Ponte, resero il Gioco del Ponte poco gradito a Pietro Leopoldo, tanto che, dopo l’edizione del 1785, non concesse più il permesso di effettuare la Battaglia, avrà così un periodo di interruzione fino al 1807, unica edizione del XIX secolo.
Dopo un’interruzione di 128 anni, il Gioco rivive nell’era moderna, nel 1935, con le stesse modalità delle edizioni storiche.

 Nel dopoguerra, per evitare lo scontro diretto, fu ideato un mezzo meccanico, un “carrello” scorrevole su rotaia, sul quale viene esercitata la spinta dei combattenti. La manifestazione si svolge per abitudine l’ultima domenica di giugno e attende, prima del combattimento, il Corteo Storico con i suoi 709 figuranti. Le truppe di Tramontana e di Mezzogiorno sfilano in ordine separato (dando vita a due cortei distinti, di 314 figuranti ciascuno), ma contemporaneamente, sui quattro Lungarni contigui al Ponte di Mezzo, è presente anche un terzo corteo, quello dei Giudici, di 81 elementi.

Grande è l’impatto scenico dei costumi di stile spagnolo del tardo cinquecento indossati dai figuranti, conseguiti in occasione dell’edizione del 1935, sulla base delle bozze disegnati dal critico d’arte Fortunato Bellonzi, ispiratosi a stampe d'epoca medicea.
Vale ancora l’antico principio che assegna la vittoria alla squadra che rimane padrona del Ponte, spingendo carrello ed avversari all’estremità opposta della rotaia di scorrimento. Prevale la Parte che conquista più vittorie parziali. In caso di parità (tre vittorie parziali per parte) si avanzava, fino al 1996, ad uno scontro risolutivo fra due selezioni dei più eccellenti combattenti dei due schieramenti. Dall’edizione del 1997 a quella del 2000 è stato riconosciuto il risultato di parità, annullando così lo spareggio.

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