Itinerario turistico dalla Maremma classica, attraversando im Monte Amiata fino all' Argentario

Stagione: da Aprile a ottobre. Tempo uno-due giorni. Percorso 253 km.

Tabella di marcia. Da Grosseto si punta verso l’interno e si toccano Paganico (25 km), Arcidosso (36km) e Abbadia San salvatore (29km). da qui con altri 18 km si giunge a Santa Fiore e si continua per Sorano (41 km) e Pitigliano (9km). si fa perciò una deviazione per Sovana (8km), poi tornati a Pitigliano (8km), si arriva Porto Santo Stefano, con una lunga tappa di 66 km, e si finisce l’itinerario a Porto Ercole (13km).

Di tutti i percorsi, questo è senz’altro il più abbondante, perché ci porta, in rapida successione, attraverso quattro scenari differenti: l’Amiata, la Maremma, l’Argentario e i Tufi, ognuno dei quali sarebbe sufficiente da solo ad soddisfare il più pignolo dei turisti.

La Maremma tipica, che rientra nella provincia di Grosseto, in pratica, distante com’è dal cuore industrializzato della regione, che è collocata a nord, ci offre ambienti poco sfiorati dal progresso e fortemente affascinanti anche al di fuori delle zone protette.

L’Amiata è un vulcano uscito fuori all'improvviso, agli inizi del quaternario, da una regione collinare che pareva ormai definita, ed oggi si presenta in forma di terminato cono rachitico, verde di boschi, appoggiato a mo’di cappello su un fondamento argilloso di più molli pendenze. Lungo l’anello di contatto spuntano stupendi centri e diverse miniere di Mercurio, che restano fra le più rilevanti del mondo, anche se adesso chiusi.

L’Argentario, infine, è quasi una stupenda isola, ancora in buona parte ricoperta da profumata macchia mediterranea,unita alla costa da tre esili lingue sabbiose che contengono la laguna di Orbetello, difesa di una ricca avifauna.

Si lascia la semplice Grosseto, delle mura medicee, per entrare quasi subito fra selvagge colline, osservate prima dalle mura etrusche di Roselle e poi da quelle trecentesche di Paganico: tre cinte murarie, ed ecco mostrata tutta la storia toscana che conta! A Paganico si cambia direzione dalla statale 223, per arrivare, in un succedersi di coltivi, di boschi e bei paesaggi, Arcidosso, il primo dei molteplici, suggestivi centri suddivisi lungo la serie di ripiani amiatini. Quasi al suo fianco è Castel del Piano, dal quale ha inizio la salita finale, per una strada immersa di fitti boschi, di castagni prima, di pini e faggi poi, che nascondono alcuni conetti vulcanici secondari molto ben conservati. La Vetta, alta 1738 metri, svela panorami vastissimi, ma consente anche di scorgere le sottostanti discariche delle miniere e alcuni soffioni, ultimo segno dell’attività endogena.

La successiva discesa conduce attraverso altri boschi, in mezzo ai quali è una colata di lava ormai profondamente intaccata dall’erosione meteorica. Le discariche della più importante delle miniere di mercurio annunciano finalmente Abbadia San Salvatore, il più grande centro dell’Amiata, stupenda col suo borgo medievale, nero di pietra vulcanica, derivata da una superiore colata lavica.

Ormai resta giusto il tempo per una veloce occhiata alla bellissima Santa Fiora e alle spettacolari sorgenti del Fiora, che fluiscono abbondantemente dal ventre della montagna; ci aspettano infatti Sorano e Pitigliano, centri di una bellezza indefinibile, fantastico, scolpiti in tufi vulcanici, che nella vicina Sovana sono bucherellati da numerose tombe etrusche, fra cui risalta quella celebre, realmente affascinante, detta Lidebranda, che prende la denominazione da Lidebrando di Sovana, il bellissimo papa Gregorio VII, fatto santo. La nota tomba, collocata su Poggio Felceto, è uno dei monumenti più importanti dell’architettura funeraria etrusca del III – II secolo a.c.: tomba a tempio con colonne, frontone e capitelli, incavati nella roccia.

Si passano ora in passaggio le valli del Fiora e dell’Albegna, la cui bassa valle è un bell’esempio dei cambiamenti causate dalla bonifica e dalla riforma, per arrivare da ultimo l’Argentario con i stupendi centri di  Porto Ercole e Santo Stefano, con le risposte calette, le petraie, fiorite in primavera di giaggioli multicolori e di orchidee rosa, e le macchie profumate di ginestra e rosmarino.

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